Dott. Corrado Randazzo
Psicologia / Società
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Come si gestisce l’ansia nei bambini?
Probabilmente non è possibile in generale gestire qualcosa se non prima la si comprende.
Ne è un esempio il Coronavirus. Forse non riusciremo mai a gestirlo senza averlo conosciuto a fondo, compreso le sue origini, il suo sviluppo, le condizioni per cui prolifera ecc.
Allo stesso modo sembra plausibile pensare che la gestione dell’ansia abbia a che fare con la comprensione del suo significato. Il primo passo da fare per ridurne lo stato angoscioso dovrebbe essere pertanto la scoperta di una logica interna apparentemente non visibile, soprattutto per chi ne soffre.
I bambini posseggono diversi strumenti per esprimere l’ansia perché più facilmente possono ricorrere alla raffigurazione. Il gioco, il disegno, la costruzione, la creazione di storie o l’ascolto di favole rappresentano per i bambini veri e propri “Contenitori di significati”.
Per i bambini è possibile collocare le loro paure e la loro insicurezza nei personaggi del gioco o delle favole. Per questo è molto importante favorire ed accompagnare i bambini nel processo di raffigurazione poiché esso rappresenta un modo di portare all’esterno paure interne non comprensibili ponendosi ad una giusta distanza da essi: né troppo lontani da perdere di vista la paura, ne’ troppo vicini da sentirsi aggrediti.
Tuttavia va detto che spesso purtroppo la tendenza a consolare e confortare un bambino in preda all’ansia passa per vie che ostruiscono le possibilità del bambino di rappresentarla ed evacuarla.
In molti casi infatti su alcuni giochi vengono posti limiti o divieti, altre volte il bambino viene indirizzato nel gioco con l’effetto di limitarne la capacità di usare creativamente gli oggetti, in molti altri casi viene impedito l’accedere o il rappresentare di certi significati.
Alcune favole sono edulcorate, altre non raccontate per timore di poter spaventare, in altri casi certe paure dei bambini non vengono riconosciute (ad esempio quando si dice al bambino che ha paura dei mostri che i mostri non esistono, piuttosto di chiedergli com’era fatto quel mostro). Evitare, spostare, distrarre, negare rappresentano fughe che rischiano di accrescere il valore della paura del bambino.
Le difese dalle paure infantili, che esprimono l’ansia genitoriale, pregiudicano le possibilità dei bambini di sviluppare tutto un sistema di anticorpi delle paure. L’immunità psichica individuale è strettamente connessa all’esposizione all’esperienza vissuta, come del resto accade per i virus che invadono giornalmente il nostro corpo. Più si vivono esperienze più si costruiscono conoscenze e si elaborano strategie di adattamento e sopravvivenza ad esse.
Come comunicare con i bambini
La spinta a conoscere è tipica di ogni essere vivente soprattutto se è appena nato. Ogni bambino sembra essere spinto da un impulso innato verso la sopravvivenza. Tale impulsò vitale lo porta a rapportarsi all’oggetto per conoscerlo e per farne uso.
Il neonato ci mostra questo processo attraverso una spontanea spinta a prendere gli oggetti e portarli alla bocca come se volesse fondersi con essi per ridurne il grado di estraneità. Quando diventa più grande più che immedesimarsi con l’oggetto tende a farne uso e crescendo potrà imparare anche a distaccarsene dimostrando la sua capacità di poter fare a meno delle cose, di potersene separare.
Questi passaggi sono esplicitati nel gioco, raffigurati. È possibile accorgersi di come cambi e si evolva la modalità relazionale espressa nel gioco a seconda dell’età ma più precisamente a seconda dei bisogni.
Mentre ad esempio un neonato è spinto dalla esigenza di inglobare l’oggetto portando ogni cosa alla bocca, un bambino di tre o quattro anni tende a possederlo e poi tardi a distruggerlo o lanciarlo.
Ogni tentativo dell’ambiente familiare di regolare il gioco del bambino rappresenta una forma di controllo che ha come obbiettivo il soddisfacimento dei bisogni dell’ambiente più che del bambino.
Ad esempio modelli educativi precostituiti senza valutare aspetti empatici e senza sintonizzarsi con i bisogni nel “qui ed ora” della vita dei figli, oppure modelli educativi pre impostati su costruzioni culturali determinano relazioni rigide con i figli che sebbene abbiamo come apparente scopo quello di rassicurare determinano un inevitabile attivazione di stati di allarme.
È come se si impedisse ad un bambino di esplorare tutte le stanze di una casa. Molto probabilmente il bambino produrrà delle fantasie sul contenuto di quelle stanze inesplorabili. La clinica in infanzia ci indica con molta chiarezza che sui divieti si innestano paure.
La paura sappiamo che pone l’organismo in stato di allerta allo scopo di difendersi. Questo stato ovviamente produce modalità di azione incentrate sull’esercizio della forza. L’adolescenza, che è un periodo dello sviluppo psicofisico centrato sulle incertezze e sulle paure, rappresenta un momento di vita in cui il livello di allerta è pervasivo e gli impulsi aggressivi sono esercitati con notevole frequenza.
Pertanto sembra importante, a proposito della gestione dell’ansia del bambino anzitutto non alimentarla, e questo sarebbe già un grande passo avanti, e secondariamente favorirne la comunicazione spontanea. Una comunicazione funzionale con i bambini che possa limitare notevolmente i livelli d’ansia è una comunicazione trasparente, autentica e veritiera.
Ai bambini bisogna sempre dire la verità. È anche vero che certe verità possono sembrare inspiegabili al bambino sia per l’età sia per il valore affettivo dei contenuti. Per esempio certe verità possono sembrare inappropriate o perché troppo dolorose o perché troppo spaventose.
Ma per questo esistono vie di comunicazione che sono più accessibili ai bambini come l’uso della metafora, dei miti, delle fantasie, della favola, del gioco… L’idea è che il bambino, all’interno di un perimetro di sicurezza e di stabilità possa sperimentare più esperienze e significati possibili.
E considerando che l’esperienza di vita è sostanzialmente convergente sulle perdite più che sulla sopravvivenza eterna, la speranza è che i sistemi educativi si strutturino in un futuro molto prossimo sul permettere ai bambini di poter distruggere l’oggetto più che sull’addestrarlo a preservarlo a vita.
Cos’e l’ansia nei bambini?
È necessario fare una premessa che consiste nello stabilire il luogo in cui risiede l’ansia: dobbiamo chiederci se l’ansia sia di origine ambientale, se sia quindi determinata da fattori esterni, o se abbia origine interna, se dipenda quindi dall’interazione soggettiva della persona con l’ambiente.
Nel primo caso, considerando cioè se che dipenda da fattori esterni, sarebbe facile porvi rimedio eliminando quei fattori che la provocano e quell’ansia sparirebbe.
Facciamo un esempio: mettiamo il caso che due bambini incontrino durante una passeggiata in un parco un grosso cane. Il primo ne è terrorizzato mentre il secondo corre ad accarezzarlo.
Potremmo dire, in base al ragionamento che ipotizza la causa esterna dell’ansia, che il cane provoca l’ansia e che basta evitare di rivederlo per non provare più ansia in futuro. Oppure potremmo pensare che l’ansia scaturisca da interpretazioni soggettive di una determinata situazione.
Il lavoro di psicoterapia con bambini e adolescenti mostra come le strategie di evitamento, che portano a stare lontani da condizioni a cui erroneamente viene attribuita la causa delle nostre paure, garantiscono solo temporaneamente il liberarsi della condizione ansiogena. Risulta infatti che presto la persona, in cui è ancora inelaborato lo stato di angoscia, tornerà a percorrere altre vie per liberarsene ritrovandosi presto immersa in nuove situazioni ansiose.
Sono pertanto portato a pensare che a determinare la qualità delle risposte emotive in questione incida più il mondo emotivo interno alla persona piuttosto che la specificità della realtà esterna. In altre parole sembra che il patrimonio di esperienze emotive e relazionali costituisca come un database da cui i bambini ricavano significati.
Questa riflessione pone i riflettori sull’ambiente che circonda il mondo interno del bambino e sulla importanza dei messaggi attraverso i quali l’ambiente familiare esterno al bambino comunica con l’ambiente personale interno dello stesso. Il patrimonio di conoscenze del bambino, che passano attraverso messaggi espliciti ed impliciti consegnati ai figli dall’ambiente familiare, produce due possibili effetti: di rassicurare i figli o farli sentire in pericolo.
Per mezzo di questi messaggi, che costituiscono parte del sistema di conoscenze dei figli, è trasmesso il significato delle cose dal punto di vista dell’ambiente familiare prima e culturale poi.
La formazione di concetti nei bambini
Queste comunicazioni esplicite ed implicite che rientrano nel concetto “educazione”, incidono notevolmente sui significati attraverso i quali i bambini interiorizzano i concetti di giusto o sbagliato, buono o cattivo, sicuro o insicuro.
L’attribuzione da parte del bambino di determinati vissuti emotivi a determinate cose, determina la formazione dei concetti ed influenza considerevolmente le caratteristiche del proprio mondo affettivo interno.
Più i concetti sono flessibili, includendo in se’ il senso di plausibilità ma non di infallibilità, più un soggetto può sopportare una realtà diversa da come se la era immaginata. Di contro, meno un soggetto è flessibile più ha bisogno che la realtà esterna rispecchi fedelmente le aspettative (cioè il pre-concetto).
La flessibilità del bambino quindi consente la capacità di tollerare la frustrazione mentre la scarsa flessibilità o rigidità emotiva, che indica la difficoltà a discostarsi da modelli interiorizzati, genera quell’angoscia sempre più frequentemente espressa attraverso attacchi d’ansia o attacchi di panico.
È importante tuttavia registrare un progressivo incremento di sintomatologie e disturbi che investono con progressiva incidenza il livello somatico della persona. Ovviamente non tutto ciò che si discosta dal sistema interno di conoscenze genera ansia ma forse anche questo può essere con tutta probabilità attribuito alla buona predisposizione del bambino a poter far fronte alla condizione di novità, di imprevedibilità e di incertezza.
In definitiva l’ansia è legata alla sensazione di paura rispetto a qualcosa che è ignoto, e che viene avvertito come vissuto egoalieno, ed è dovuta alla non pensabilità (riconoscimento) del proprio vissuto stesso.
L’ansia è la sensazione che c’è un pericolo alle porte, sotto forma di qualcosa di incomprensibile e di intollerabile allo stesso tempo.